16 luglio 2012

Bilancio (amaro) sull'insegnamento della chimica nelle scuole

Alla conclusione dell'anno scolastico mi trovo a dover fare un bilancio (amaro, ahimé) sulla considerazione che hanno gli studenti italiani per la chimica e le scienze in generale.
Chi mi legge sa quanto sia importante per me la divulgazione della chimica, già a partire dai primi anni di vita.

Conoscere un argomento (qualsiasi esso sia), aiuta a farsi un'idea propria e a non lasciarsi trascinare dai preconcetti.
Eppure, anche ad un'età in cui si dovrebbe (condizionale d'obbligo) cominciare a sviluppare un pensiero autonomo, la chimica e le materie scientifiche vengono rifiutate e odiate dagli studenti.

E' difficile, noiosa, a cosa mi serve?

Non dico che parte della colpa non sia degli insegnanti e di come questi trasmettano le loro conoscenze, nonché dei programmi ministeriali molto teorici. Vorrei però analizzare questi atteggiamenti (e in questo mi trovo del tutto d'accordo con Paola Mastrocola nel suo libro Togliamo il disturbo, nonostante apparteniamo a generazioni diverse).

E' difficile (la matematica, la chimica, la fisica). Certo, se studiamo è per imparare qualcosa di nuovo. Per imparare spesso bisogna fare un po' di fatica, cercare di comprendere quello che abbiamo davanti. Non abbiamo poi una soddisfazione perché siamo riusciti a conoscere qualcosa di nuovo, anche se era difficile?
Seconda cosa, se opponiamo un netto rifiuto nel cercare di capire e seguire, pensando che "tanto non ci capisco niente", se non ci sforziamo di far lavorare i nostri neuroni, ovviamente non capiremo nulla, non seguiremo e quindi tutto ci sembrerà difficile, più difficile ancora di quanto credevamo.

E' noiosa. Forse che il latino, la storia, il diritto non lo sono altrettanto (mi perdonino i latinisti, gli storici e gli avvocati)? Se uno pensa che la chimica sia composta da una serie di formule da imparare a memoria certo che la troverà noiosa. In questo una colpa grossa ce l'hanno i programmi molto teorici. Se venisse dato uno spazio più ampio alle attività pratiche, gli studenti si divertirebbero di più e ricorderebbero maggiormente quello che fanno. Non tolgo il fatto che spesso gli insegnanti preferiscano seguire alla lettera i libri di testo per non doversi preoccupare di inventare cose nuove.
A parte questo, e qui concordo davvero con la professoressa Mastrocola, non è che uno va a scuola solo per divertirsi. Va per imparare, per studiare, per costruirsi un futuro lavorativo e personale. Non è che si studiano solo le cose facili e divertenti.

A cosa mi serve? Questa è la domanda che più mi fa arrabbiare.
Intanto la chimica pervade la nostra vita: dalla plastica, ai cosmetici, ai detersivi, alle mille comodità che abbiamo. Oltre a ciò, spesso la chimica ci serve per la nostra professione futura (chi vuole diventare acconciatore non può dirmi che la chimica non gli serve a nulla!) e quantomeno a tutelare la nostra sicurezza sul lavoro e nella vita di tutti i giorni.
E di nuovo, non è che uno studia solo ciò che gli serve. Tutto ciò che conosciamo ci serve, spesso nella vita di tutti i giorni.

La conoscenza è potere, come diceva Francis Bacon. In tutti i settori.

Tutto questo purtroppo i ragazzi non lo capiscono. E, vorrei aggiungere, a volte non lo capiscono nemmeno i genitori e... gli insegnanti.

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