29 marzo 2011

Mezzanotte e cinque a Bhopal

Mi ero appena lamentata della mancanza di lavoro, che mi è arrivata una valanga di lavori, che non mi hanno dato tregua per tutto il mese.
Avevo preparato un post sulla recensione di questo bellissimo libro, che dopo le tristi e drammatiche vicende del Giappone diventa ancora più attuale.



Mezzanotte e cinque a Bhopal
Titolo di un libro bellissimo che insegna in modo molto corretto come la chimica sia sì pericolosa, ma se combinata ad una mancanza di sicurezza in azienda e all’incuria dell’uomo.
Una breve recensione:
Alla fine degli anni '50, mentre migliaia di contadini indiani vengono cacciati dalle loro terre da nugoli di insetti assassini, tre entomologi newyorkesi inventano un insetticida miracoloso. La Union Carbide, la multinazionale che lo produce, decide di impiantare una grande fabbrica nel cuore dell'India, nella splendida Bhopal. I lavori hanno inizio negli anni '60 e terminano nel 1980, quando la fabbrica gioiello viene finalmente inaugurata. Ma il sogno ha vita breve: il 2 dicembre 1984 la fabbrica esplode causando la morte di migliaia di persone e compromettendo gravemente la salute di molte altre, a causa delle emissioni di gas nocivi.
 Per avere maggiori informazioni sul disastro, invece:

Ho apprezzato molto i due autori, perché pur parlando di un disastro chimico che ha portato alla morte di migliaia di persone e porta ancora problemi alla popolazione che abita nella zona, non puntano l’indice sul fatto che la chimica “è cattiva”, ma evidenziano il fatto che la progressiva mancanza di sicurezza ha trasformato una fabbrica buona, che ha portato benessere in una zona povera e degradata dell’India, in un mostro di morte.
E’ messo l’accento sul progressivo disinteresse da parte della dirigenza dell’azienda, che ha portato a trascurare la sicurezza di impianti e dipendenti, provocando una vera e propria reazione a catena che ha poi portato morte e distruzione in una zona che stava vivendo un momento di sviluppo.
Tema trito e ritrito quello della sicurezza sul lavoro, che però non si risolve e continua a provocare morti e feriti. Certo, è molto più redditizio investire su pubblicità e marketing. Un macchinario nuovo o con le sicurezze necessarie non si vede, non interessa a nessuno, se non al lavoratore che lo utilizza. Nessuno dirà mai “compro quel prodotto perché il padrone dà a tutti i dipendenti tutti i dispositivi di protezione necessari”. a mio avviso nella cerchia direzionale il dipendente è un numero e dotarlo dei DPI è un costo, non un guadagno, per cui sulla sicurezza si taglia.
E come si moriva nel 1983 a Bhopal, si muore alla Thyssenkrupp (l’olio cattivo dei macchinari ha preso fuoco), dentro le cisterne durante la pulizia nel 2010.
La chimica non è cattiva, non è pericolosa. E’ pericoloso l’uomo che la sottovaluta, che non la conosce e la utilizza ugualmente. E’ cattivo l’uomo che sa che è pericolosa ma non fa nulla per renderla più sicura.

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