29 maggio 2012

Sicurezza, questa sconosciuta

Conosciamo la sicurezza per lo più quando sentiamo o leggiamo notizie relative a incidenti sul lavoro.
Come se la sicurezza esistesse solo grazie alla sua assenza: si è verificato un infortunio perché la sicurezza era assente.


Quello che la maggior parte di noi ignora, è che la sicurezza deve essere una costante nella nostra giornata lavorativa. Nei vari corsi sulla sicurezza che tengo, i partecipanti (dai ragazzi con contratto di apprendistato, agli artigiani, a persone di formazione e posizione lavorativa elevate) spesso ignorano le più elementari regole della sicurezza.
Non si tratta qui di conoscere a memoria la - ormai obsoleta - 626 o, meglio, il Testo Unico sulla Sicurezza, né di sapere come comportarsi se il nostro collega si è fatto male.

Quello che manca è la consapevolezza del fatto che la sicurezza è intrinseca alle operazioni lavorative, di qualsiasi tipo. Il Testo Unico mira a introdurre una specie di sistema di gestione della sicurezza all'interno del processo lavorativo, in modo da renderla inglobata ad esso. Se imposto il mio modo di lavorare nel rispetto della sicurezza, allora posso lavorare in sicurezza senza accorgermi.
Questa la teoria.

Nella pratica, invece, spesso la sicurezza è considerata come una cosa distante, fatta di leggi e norme da rispettare. E' usata come motivo per lamentarsi del datore di lavoro che non fornisce i dispositivi di protezione. Manca del tutto la coscienza dei propri diritti e doveri nell'ambito sicurezza sul lavoro.

La sicurezza è usata spesso come arma di ricatto dai datori di lavoro, questo purtroppo deve essere detto. Quello lì si fa male una volta al mese per non lavorare, ti sei fatto male ma non dirlo altrimenti ti licenzio, se vuoi i dispositivi di protezione comprateli, non fare storie non è mica pericoloso. E affermazioni analoghe.
Non sto inventando, solo riportando episodi a cui ho assistito o che mi sono stati riportati dai partecipanti ai miei corsi.
La coscienza della sicurezza e il buon esempio devono venire dall'alto, dalla classe dirigente, dal capo. Se questi non effettua la valutazione del rischio, non mi informa e non mi addestra, minimizza i pericoli, non sostituisce i macchinari pericolosi, non acquista i dispositivi di protezione adeguati, io lavoratore avrò poco da fare, purtroppo.
Non parliamo poi degli atteggiamenti nei confronti degli stranieri. Spesso la formazione si riduce alla firma di un foglio in cui sono elencati in un linguaggio burocratico (incomprensibile anche per gli italiani) gli obblighi dei lavoratori e poche nozioni sui dispositivi di protezione.

Certo, tutte le aziende hanno l'obiettivo "infortuni zero" e lo monitorano con grafici colorati, statistiche e presentazioni. L'atteggiamento corretto però tocca le situazioni reali, va incontro ai lavoratori invece di penalizzarli.

Più di sessant'anni fa il mio bisnonno è morto cadendo da un'impalcatura. Oggi non siamo così migliorati, nonostante leggi, corsi e burocrazia.
Siamo ancora molto molto lontani dall'obiettivo "infortuni zero". Basta ascoltare il telegiornale per rendersene conto.

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