28 luglio 2011

Firmare una traduzione


 
Firma
 










Nel numero di giugno dell’ATA Chronicle, la collega Catherina Jan, tra l’altro autrice di un interessantissimo blog sulla traduzione, intervista Chris Durban, traduttrice di madrelingua inglese, che è stata presidente della Société Française des Traducteurs e ha pubblicato vari testi sull’argomento.
Chris Durban è convinta che un traduttore debba firmare i propri lavori, così come un professionista firma i progetti/le relazioni/i pareri che ha prodotto. E che non debbano essere firmati solo i libri, ma anche le traduzioni tecniche di vari argomenti.
L’interessante articolo è in inglese, ma ho deciso di riportarne i punti salienti in italiano, perché mi sembra molto utile e credo possa fare riflettere traduttori e clienti.
Per Durban, la firma su un documento indica trasparenza. Spesso, chi commissiona una traduzione, non è in grado di capire se il risultato è positivo oppure no, perché non conosce la lingua in cui il materiale è stato tradotto. Mettendo una firma al testo tradotto ci si espone, anche al giudizio dei colleghi. Nessuno ci tiene a pubblicizzare un lavoro svolto in modo mediocre, per cui la firma della traduzione costituisce una dichiarazione di un lavoro svolto in modo impeccabile.
La firma, dice Durban, è una forma gratuita di pubblicità per il traduttore, verso i clienti e verso i colleghi. Inoltre può sostituire, come credibilità, una certificazione, sicuramente molto più costosa che apporre una firma su un documento. Mettere la firma al proprio lavoro comporta anche un'assunzione di responsabilità e può funzionare come deterrente dall'accettare un lavoro che non si è in grado di svolgere perfettamente (perché troppo lungo, con scadenza troppo ravvicinata, in un settore che non si conosce bene).
Per Durban, che informa (non chiede il permesso) i clienti che il lavoro tradotto verrà firmato, questo aspetto costituisce una forma di tutela per il traduttore stesso. Nel documento “Terms & conditions” che sottopone ai clienti con il preventivo, vi è una frase che dice pressappoco che la traduzione firmata deve essere visionata dal traduttore prima di essere pubblicata e che non deve presentare modifiche rispetto al testo tradotto consegnato. In caso di modifiche senza che il traduttore ne sia a conoscenza, verrà applicato un sovrapprezzo pari al 100%. Così facendo, poiché Durban, firmando la traduzione “ci mette la faccia”, come si dice, si tutela da eventuali modifiche, magari errate, al suo lavoro. Allo stesso tempo è un deterrente per il cliente dall’apportare modifiche non necessarie o, peggio, errate.
Se il cliente, quando riceve una dichiarazione del genere, chiede spiegazioni a Durban, questi spiega che non è sua intenzione applicare nessun sovrapprezzo non necessario. Se il cliente spende per una traduzione, è stupido che vada poi a modificare il lavoro, magari senza motivo. Se il cliente utilizza il testo tradotto come l’ha ricevuto dal traduttore, non vi è motivo per applicare nessun sovrapprezzo.
Questo punto mi sembra molto importante per sottolineare davanti al cliente il fatto che il traduttore è un professionista come gli altri, al pari di un ingegnere, un architetto, che firmano progetti ed elaborati che producono.
Ma se il cliente non permette di apporre la firma al documento tradotto?
Durban risponde con un’altra domanda: gliel’avete chiesto davvero al cliente? Secondo lei i clienti che cercano un professionista serio capiscono la questione e consentono di apporre la firma senza problemi.
E non ha nemmeno senso nascondersi dietro argomentazioni del tipo “i documenti che traduco sono confidenziali” o “se rivelo chi sono i miei clienti qualche collega me li può rubare”.
Secondo Durban, la prima scusa può avere senso su alcuni lavori, ma non su tutti. E’ difficile che un traduttore lavori solo ed esclusivamente su documenti altamente confidenziali. Nel secondo caso, Durban ribatte che se uno teme di perdere i clienti in modo così facile, non è la firma che cambia la situazione. Se un cliente è fidelizzato difficilmente cercherà un altro fornitore.
Ho letto e analizzato con attenzione questo interessante articolo e posso affermare di essere completamente d’accordo con Chris Durban. Firmare una traduzione ha sicuramente più valore dell’appartenenza ad un ordine professionale. Il traduttore ci mette la faccia nel bene e nel male e di conseguenza ne ricava una pubblicità positiva o negativa tra altri clienti e tra colleghi.
Da tempo sto pensando ad una stesura dei miei termini e condizioni da inviare ai clienti diretti insieme al preventivo e penso che aggiungerò la clausola della firma della traduzione.
In fin dei conti se produco un documento di consulenza nel settore chimico non mi viene nemmeno il dubbio se firmarlo o meno. Il traduttore è un professionista come gli altri.
E voi, cosa ne pensate?
L’articolo integrale in inglese è disponibile al seguente link: http://www.atanet.org/chronicle/feature_article_june2011.php

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