26 gennaio 2011

In italiano, please

"Allora dopo il lunch ci vediamo per il meeting. Dobbiamo trovare dei nuovi target per migliorare i media rispetto a quelli dei nostri competitors e aumentare la customer satisfaction."

 Questa era una delle frasi comuni del mio capo dove lavoravo una volta. Al termine ti verrebbe da dire "Ah, e quindi?".
Mi ha sempre dato fastidio l'uso di parole straniere non necessarie in un discorso. Non perché abbia qualcosa contro la lingua inglese, ma perché siamo in Italia e mi aspetto di sentir parlare italiano.
Da quando faccio la traduttrice questo atteggiamento mi da ancora più fastidio. Mi è capitato molto spesso di revisionare testi già tradotti farciti di termini inglesi non richiesti, o di trovarli in memorie contenenti traduzioni di colleghi. Addirittura si trovano in testi tradotti dal francese!!!
OK, con parole come software, computer, timer, password (anzi, in questo caso lasciamo password, non "parola chiave", disorientiamo il lettore).
Ma perché si dice/scrive range invece di intervallo, baseline invece di linea di base, outcome invece di esito/risultato (ecc, ecc.)?
Non sempre chi legge conosce l'inglese. Anzi, se un testo va tradotto è proprio per chi l'inglese non lo sa.

Così si va a finire con il "board dei direttori" (al posto di Consiglio di amministrazione) comparso recentemente su un articolo più volte in articoli del Corriere della Sera.
http://archiviostorico.corriere.it/2010/settembre/28/morto_Frank_Stella_leader_della_co_9_100928007.shtml
http://archiviostorico.corriere.it/2010/luglio/25/Kragujevac_Detroit_serba_scopri_Agnelli_co_8_100725059.shtml


http://www.proz.com/forum/italian/189761-il_corriere_e_il_board_dei_direttori.html

Abbiamo una lingua ricca, complessa e famosa (nel Settecento era equivalente all'inglese oggi). Perché non la usiamo almeno quando possiamo?

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